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La società secondo la Costituzione
Gherardo Colombo alla Casa della Cultura per il Centro Culturale Ricerca
di Patrizia Zocchio



Luigi Gherardo Colombo
Venerdì 17 marzo, in una sala gremita, come sempre quando vengono trattati temi che riguardano giustizia e Costituzione, un Gherardo Colombo stanco ma sempre accattivante, ci regala una visione filosofica delle leggi che costituiscono l'ossatura della nostra democrazia.

Parla delle esigenze e dei limiti della convivenza e del mettere in atto processi di cambiamento personale che richiedono una costante verifica nel rapporto con gli altri: la vita sociale si regge su regole, diverse secondo culture, tradizioni, abitudini… l'insieme di usi e costumi dai quali non si può prescindere.
Quando la società rinuncia al civile confronto, al riconoscere la complessità del genere umano ed al contesto in cui vive, assistiamo come in passato alla schiavitù e alle leggi razziali.

Colombo fa notare che di per sé la regola è neutra; quel che conta è il contenuto che ha bisogno di una ragion d'essere, di una giustificazione: questo è quanto viene generalmente definito con il termine di giustizia.
“All'inizio c'erano le regole date da Dio; poi c'è stata la mediazione dei sacerdoti che avevano il compito di tramite con le persone; quindi re ed imperatori presero l'abitudine di farsi incoronare in luoghi sacri che connotassero l'investitura; in fine è seguito, in generale, un processo di secolarizzazione.
E' in epoche più recenti, annichiliti dall'orrore di due guerre mondiali e dell'olocausto, che si arriva alle regole dettate dall'umanità”.

Umano ed il suo contrario, disumano, divengono parametri essenziali di confronto.
Alla fine degli anni '40 l'umanità si “risveglia” prendendo coscienza di un'identità costruita su diritti e doveri: nasce l'esigenza di ancorare il contenuto delle regole a valori maggiormente riconosciuti come universali.
Dopo il 1945 ci si pone il problema di fare in modo che i crimini contro l'umanità non possano essere più ripetuti; si sceglie un modello di società basata sulla dignità umana: nel 1948 viene scritta la carta dei Diritti Umani.
E' interessante notare che prima di allora l'Italia, anticipando la tematica, aveva già scritto la Costituzione.

Un tema interessante è stato quello del “bisogno del consenso e della giustificazione” che il potere richiede nell'atto legislativo: in qualsiasi struttura sociale chiunque voglia governare si presenta come giusto e come persona che vuole perseguire la giustizia.
Il termine giustizia quindi assume significati diversi a seconda del suo valore e del principio di fondo: se si pensa per esempio che chi è portatore di diversità debba essere emarginato ed eliminato, l'uomo diventa “strumento” (limite estremo); se viceversa si sviluppa una programmazione democratica attraverso la solidarietà e il contributo di tutti, secondo capacità e limiti, i componenti di quella società hanno la possibilità di emanciparsi e svilupparsi.

Si arriva perciò a programmare l'idea di sviluppo della persona e della società.
Si avranno pertanto due sistemi diversi, secondo l'idea di fondo che si sviluppa nella costituzione di una società: in uno vengono giustificati la pena di morte e il razzismo; nell'altro prende forma l'idea della persona come valore, portatrice di dignità; in altre parole l'uomo è visto come un fine, non come un mezzo.

Attraverso la definizione della nostra Costituzione si evidenzia la necessità di definire un modello indiscutibile: le persone sono portatrici di diritti fondamentali tutelati e garantiti.
In questa visione l'articolo 3 della Costituzione diventa un cardine importante: tutti i cittadini sono uguali e le regole devono essere concepite per fare in modo che tutti vengano trattati nello stesso modo, rispettati per quello che sono e garantiti nei diritti fondamentali (possibilità di crescere, promuoversi attivamente, istruirsi, associarsi, creare produttivamente, ecc.).

Di fondamentale importanza risultano allora le procedure che tutelano le dichiarazioni di principio e che pertanto non devono essere stravolte.
Tali procedure, fa notare Colombo, creano equilibri che se vengono intaccati mettono in pericolo tutto il sistema che è stato scelto dal popolo italiano sul modello del riconoscimento della persona umana.
Nel nostro sistema di controllo e di equilibrio tra i poteri, è la Corte Costituzionale che ha il compito di prendere in esame le leggi che sono in contrasto con la Costituzione e valutare se sono coerenti con essa; Colombo ha portato l'esempio del rapporto tra il nostro Paese e la guerra: le scelte di interventi in conflitti internazionali come forza belligerante sono in contrasto con la Costituzione.

Ma la Corte Costituzionale non può essere l'unico baluardo del processo democratico; ognuno di noi si deve fare promotore, all'interno della società in cui vive, di un sistema di valori ancorato con la vita quotidiana.
E' un processo necessario affinché tutti gli individui possano essere valorizzati ed incentivati in un sistema solidaristico che promuova l'intera società.

Patrizia Zocchio

il pubblico



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  24 marzo 2006